Accondiscendenza, comunicazione, trasparenza, collaborazione etc.

Le basi del nostro carattere si pongono nella nostra infanzia, li vanno cercate le cause..

 Amore negato innanzitutto ,e di riflesso, paura di perdere quel po’ che già si ha.

Da adulti, tutto cambia e si maschera come forma di disponibilità eccessiva verso gli altri, e con l’incapacità di dire di no.

Si può anche diventare schiavi delle “elemosine” e dell’amore altrui.

Accondiscendenza  e’ in molti casi una forma di rinuncia che spesso non ci soddisfa e che riconosciamo come sintomo di nostra debolezza.

 Se la soddisfazione che ne segue non e’ reciproca l’accondiscendenza potrebbe generare un senso di vittimizzazione e di rabbia.

 Avere sempre il coraggio e la forza di spirito per prendere le decisioni e dare le risposte che soddisfino gli altri e noi stessi.

Una comunicazione corretta è soprattutto quella che si rivela efficace e non è manipolativa. Come quella che si dovrebbe intrattenere in un ambito familiare e quotidiano, ben diversa da quella a volte scorretta insegnata ai venditori, o da quella volta ad ottenere certi effetti, adottata dagli avvocati, politici, banche etc……

E’ richiesta trasparenza,  collaborazione, democrazia e anche certe strategie terapeutiche vanno usate solo eccezionalmente e a dosi omeopatiche,  perché l’obiettivo è far ampliare la coscienza, insegnare a maneggiare gli eventi della vita e ad essere capaci di facilitare soluzioni adatte per l’altro.

Nell’analizzare un processo comunicativo-relazionale si deve riferirsi a un episodio problematico e individuare il tipo di rapporto che si è instaurato tra interlocutori. La comunicazione tipica di situazioni che vanno ben comprese per poi saperle gestire adeguatamente: si può verificare che non esiste alcun problema ma solo un semplice scambio verbale; oppure c’è la nostra percezione di un problema personale o da attribuire all’altro.

Nell’area dei conflitti dove a soffrire sono entrambe le persone entrano in gioco interessi, gusti, valori, opinioni, cambiamenti.

Possono suscitare per reazione un attacco difensivo, ad esempio le varie forme dell’aggressività, le critiche non costruttive, il mimetizzarsi per nascondere, il ritirarsi, il proporsi di suscitare compassione, ecc. Un attacco competitivo è un’inevitabilità biologica. Ad esempio l’antagonismo strategico di due colleghi di lavoro che aspirano alla promozione. Si deve valutarlo e imparare a reggerlo nei migliori dei modi. L’attacco di sfruttamento avviene ad esempio quando qualcuno ci vuole vendere o regalare qualsiasi cosa pur sapendo cosa in realtà sta sotto l’offerta, e si deve vigilare ed imparare a difendersene.

Anche in una relazione di coppia conta l’arte di farsi capire e di coinvolgere l’altro nella comprensione del proprio problema. Nei conflitti di interesse si deve essere abili a negoziare con diplomazia. Il risolvere conflitti di valori ad esempio è richiesto nelle società multiculturali. Il conflitto estetico riguarda i gusti e quello etico valori che fanno parte dell’ identità stessa di un persona. Il conflitto di opinioni richiede una discussione di tipo filosofico.

Si dovrebbe anche saper vedere dietro le emozioni negative: ad esempio cosa sta sotto la rabbia? Perchè qualcuno tratta male le persone? Come condividere percorsi di pensiero senza entrare nella spirale o il circolo vizioso delle reciproche sopraffazioni? Individuato il problema relazionale si stabiliscono quali persone vi sono coinvolte e l’evento da capire esaminandolo nel suo conteso storico-geografico e sotto la forma usuale di dialogo a botta e risposta. Si prova a “metterlo in scena” e si verificano quali sono le reciproche percezioni per arrivare a una diagnosi fenomenologica assegnando a quella situazione un titolo che orienti la sua definizione e di conseguenza le emozioni e poi le azioni. E’ importante la correttezza del titolo dato all’evento conflittuale per poi gestirlo

Tuttavia si ricordi che non c’è alcuna garanzia di poter cambiare l’altro, ma a volte cambiando l’offerta s’ induce anche a un cambiamento di rapporto con un aggiustamento di cuore, mente e istinto.

Molti conflitti sono dovuti al fatto che si parla solo delle azioni superficiali e mai delle proprie emozioni – forse perché  non ci si fida – e della propria anima – forse perché  è invasa dai propri fantasmi – per cui non si stabilisce mai un’intimità profonda né una dinamica affettiva. Si pretende di avere sempre e comunque ragione, manca uno scambio veramente costruttivo e si cade nell’apatia o nella noia. Si devono saper gestire offerte,  richieste, rifiuti, ecc. senza creare sensi d’imbarazzo.

A volte il problema non è di relazione ma di non saper vedere il proprio mondo interno per reinquadrare il problema sul piano culturale, spirituale, istintuale, e secondo le proprie esigenze. Con il rischio di rimanere passivi e dipendenti l’uno dall’altro.

Dopo aver condensato in una frase il tema del dissidio si prosegue in forma dialogica . In prevalenza riformulatoria  e non direttiva, per uscire da proprie personali interpretazioni. Oggi è questo l’unico sistema con possibilità risolutive, adottato pure nel campo della psicologia dell’educazione, per gl’ inevitabili problemi di relazione che sorgono in ambito scolastico.

Nella nostra epoca è sempre più difficile, nel privato come nel pubblico, parlare di stati affettivi o avviare a forme operative che ne facilitino l’autoeducazione. Non ultima causa è la povertà del nostro linguaggio per descrivere vissuti e stimolare l’ espressione di quelli altrui, ma in profondità e anche se non esplicitati. A tale scopo è utile uno schema che descriva le principali categorie di emozioni in base anche al livello di intensità: alto, medio e basso.

 Individuare l’intenzione è il primo problema della comunicazione; e nelle situazioni di disagio “capire l’altro” è il primo strumento operativo, che si svolge attraverso alcuni passaggi fondamentali da affrontare con coerenza e sincerità d’animo. 

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