Libertà e socialità, dove ha inizio la sussidiarietà

La sussidiarietà non si genera spontaneamente: le occorre un “supplemento di saggezza” perché possa generare una società più solidale, giusta, libera e responsabile.

Fonte : labsus di Filippo Maria Giordano 18 settembre 2018

La sussidiarietà è un principio complesso e articolato, nel senso che non è definibile senza prendere in considerazione una serie di valori che chiama in causa e combina sapientemente. Il concetto che deriva da questo sostantivo non è definibile attraverso un solo aggettivo e coinvolge una serie di comportamenti che non si riducono a una sola azione o a un singolo comportamento.
La sussidiarietà pone insieme in virtuosa concordanza libertà, responsabilità, autorità, uguaglianza e solidarietà, ma non è riconducibile a una soltanto di tali componenti. Per capire l’essenza di questa idea composita, che coinvolge l’uomo nella sua interezza e contribuisce a definire le modalità relazionali con cui si organizza in società complesse, è necessario cogliere alcuni suoi fondamenti.

Alcuni presupposti e riferimenti

È bene chiarire subito le coordinate antropologiche di questo principio che precedono quelle condizioni che da queste discendono e danno origine alle conformazioni sociali e politiche che possono dirsi improntate a tale idea. Queste ultime sono date da contesti in cui generalmente esiste un forte senso dell’autonomia e il rispetto delle componenti sociali (individui, associazioni ecc.) che concorrono alla definizione di obiettivi e azioni di interesse generale in un certo ambito sociale e amministrativo (sussidiarietà orizzontale) o/e da organizzazioni politico-istituzionali che promuovono un’ampia e diffusa articolazione del potere, come nel caso delle strutture federali (sussidiarietà verticale).
Come noto, l’idea di sussidiarietà affonda le sue radici nel pensiero greco e più precisamente viene elaborata come principio ordinatore della società naturale da Aristotele nella sua Politica; cioè nella descrizione della vita e dell’organizzazione della città. Ma è anzitutto all’uomo che bisogna guardare, al suo comportamento sociale, alla sua psicologia relazionale ed è nella sua natura empatica e socievole che la sussidiarietà prende forma, non senza, però, che questi ne abbia maturato prima una piena coscienza. L’uomo è infatti misura di tutte le cose, ripeteva Protagora. Se il filosofo greco attribuiva al singolo una centralità nell’ambito della conoscenza, più tardi San Tommaso avrebbe individuato nella persona il metro di ogni formazione sociale, conciliando la Città di Aristotele con l’ideale cristiano del Bene comune. Questi presupposti costituiscono i vertici di un triangolo su cui si regge e opera la sussidiarietà: la persona umana, i suoi valori naturali e universali, la comunità in cui vive.

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