società del potere diffuso con assoggettamento

La prospettiva dalla quale guardare al potere, sostituisce la “prospettiva a volo d’uccello”, propria dei filosofi che pretendono di dare, dall’alto, una visione globale della sovranità, con la prospettiva della rana”, che, da una posizione decentrata, de angolata, segue la vita reale nelle sue piccolezze, nelle sue apparentemente irrilevanti casualità.

Facendo un’analisi dal basso, si vuol portare alla luce ciò che si nasconde sotto la superficie dei fenomeni, che esamina non il potere sovrano che promana dall’alto e si esercita verso il basso ma i Micropoteri che sono diffusi e in atto a livello del quotidiano, gli effetti fra sapere e potere il nesso è profondo e strettissimo: l’analisi mostra che non c’è verità che non sia coinvolta in un rapporto di forza, che sapere e scienza sono non solo strumento ed effetto ma esse stesse forme di dominio, microsistemi di potere. Sapere e potere si condizionano reciprocamente e l’uomo è preso dentro il loro circolo: L’uomo si illude, quindi, quando si ritiene soggetto sovrano dei propri atti cognitivi e linguistici, padrone assoluto di sé, signore della storia di cui crede di conoscere il senso e il fine, mentre questa, in realtà, non è il risultato delle azioni coscienti dell’uomo.

Ragione Umana. La razionalità, l’intelligenza, la logica sono le uniche doti positive considerate essenziali e capaci di risalire alle fonti della conoscenza ed individuare i percorsi filosofici e politici nei quali si afferma la preminenza dell’Uomo, misura ed unico referente della Storia.

“La volontà di sapere”, terreno di verifica di questa ipotesi, questa non è stata repressa dalla chiesa o dalla morale borghese, come, d’altronde fermandosi alle apparenze potrebbe sembrare, non proibita e tenuta segreta. Attraverso il sapere, il soggetto è stato costruito come suddito, è stato assoggettato al potere.

Ecco perché il potere non si limita semplicemente a reprimere, il potere fa molto di più: produce, in questo caso, il soggetto e i saperi.

Respinte le interpretazioni più diffuse del potere, che lo collocano in luoghi riconosciuti, nello stato, nella legge, nel dominio di classe, si dice che il potere non occupa un luogo unico privilegiato, né dipende da un unico soggetto identificabile una volta per tutte. Lo stato, le leggi, le egemonie sociali sono soltanto effetti e manifestazioni sul piano istituzionale di rapporti e strategie di potere. Il potere è, invece, anonimamente diffuso ovunque; è onnipresente e dappertutto, “non perché inglobi tutto, ma perché viene da ogni dove” Il potere coincide con la molteplicità dei rapporti di forza”, che variamente si intrecciano e si contrappongono; il potere ha quindi un carattere mutevole e instabile. Il potere è una relazione fra individui e la società è attraversata da rapporti di potere: ogni rapporto sociale è un rapporto di potere perchè il soggetto, animato da volontà di potenza, è per sua natura polemico e guerreggiante. L’analisi dal basso fa così vedere che la società non nasce dal contratto ma dalla guerra, dallo scontro, dall’assoggettamento.

Gli apparati della produzione, le famiglie, i gruppi ristretti, le istituzioni sono attraversati da rapporti di forza perché tutte le relazioni, ad ogni livello, sono relazioni di potere. L’uomo, essere sociale, è esso stesso il nocciolo del potere è il biopotere, il potere che si esercita positivamente sulla vita, nel senso che la gestisce, la potenzia, la plasma riuscendo a regolarla e a controllarla in modo sempre più capillare e preciso. Suo oggetto è il corpo dell’individuo e il corpo-specie della popolazione; le discipline del corpo e i saperi che mirano a regolare la popolazione costituiscono i due poli attorno ai quali si è sviluppata l’organizzazione del potere sulla vita. L’ effetto storico è una società normalizzata, in cui i corpi sono plasmati, gli individui irreggimentati nella scuola , nella caserma, nell’ospedale, nella fabbrica.

Il potere, con il fine di potenziare se stesso, potenzia l’oggetto su cui si scarica, rendendolo così però ancor più soggetto al proprio assoggettamento. Il potere plasma l’io e, nell’età dei diritti, produce per l’io un regime di libertà affinché l’io assecondi e accresca il potere.

Sembra non esserci spazio al di fuori del potere, sembra non essere possibile una libertà contro il potere. Il potere è una relazione che ha il suo punto di attacco nel corpo e che attraverso il corpo organizza masse di individui. Ma il corpo, non è malleabile all’infinito; il corpo oppone resistenza: “là dove c’è potere, c’è resistenza” e questa “non è mai in posizione di esteriorità rispetto al potere”. La resistenza è l’altro termine nella relazione di potere . Ciò non significa che la resistenza sia inevitabilmente soggiogata al potere cui pare contrapporsi, ma che il potere ha bisogno di un punto di contrasto con cui misurarsi. Lottare contro il potere è allora potenziare la resistenza.

Ma il rischio è, nell’organizzare la resistenza, di riprodurre la strategia del potere. In quanto organizzazioni e quindi forme di potere.

Da soli non ci si salva !!  

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