Il significato dell’opera
L’autore compie all’interno dell’opera un processo narrativo che è sia storico che attuale. Parlando di eventi passati, Tomasi di Lampedusa parla di eventi del tempo presente, ossia di uno spirito siciliano citato più volte come gattopardesco “Se vogliamo che tutto rimanga come è, bisogna che tutto cambi”.
Nel dialogo con Chevalley di Monterzuolo, inviato dal governo sabaudo, il principe di Salina spiega ampiamente il suo spirito della sicilianità; egli lo spiega con un misto di cinica realtà e rassegnazione.
Spiega che i cambiamenti avvenuti nell’isola più volte nel corso della storia hanno adattato il popolo siciliano ad altri “invasori”, senza tuttavia modificare dentro l’essenza e il carattere dei siciliani stessi.
Così il presunto miglioramento apportato dal nuovo Regno d’Italia, appare al principe di Salina come un ennesimo mutamento senza contenuti, poiché ciò che non muta è l’orgoglio del siciliano stesso.
Egli infatti vuole esprimere l’incoerente adattamento al nuovo, ma nel contempo l’incapacità vera di modificare se stessi, e quindi l’orgoglio innato dei siciliani. In questa chiave egli legge tutte le spinte contrarie all’innovazione, le forme di resistenza mafiosa, la violenza dell’uomo, ma anche quella della natura.
I Siciliani non cambieranno mai poiché le dominazioni straniere, succedutesi nei secoli, hanno bloccato la loro voglia di fare, generando solo oblio, inerzia, annientamento (il peccato che noi Siciliani non perdoniamo mai è semplicemente quello di “fare” il sonno è ciò che i Siciliani vogliono).
Garibaldi è stato uno strumento dei Savoia, nuovi dominatori (da quando il vostro Garibaldi ha posto piede a Marsala, troppe cose sono state fatte senza consultarci perché adesso si possa chiedere a un membro della vecchia classe dirigente di svilupparle e portarle a compimento ho i miei forti dubbi che il nuovo regno abbia molti regali per noi nel bagaglio).
Questi avvenimenti si sono innestati su una natura ed un clima violenti, che hanno portato ad una mancanza di vitalità e di iniziativa negli abitanti questo paesaggio che ignora le vie di mezzo fra la mollezza lasciva e l’asprezza dannata; questo clima che ci infligge sei mesi di febbre a quaranta gradi; questa nostra estate lunga e tetra quanto l’inverno russo e contro la quale si lotta con minor successo.
Fonte : Wikipedia, l’enciclopedia libera.