Educazione, imprenditorialità e lavoro sono le parole chiave.

La ripresa economica passa dalle nuove generazioni. L’Italia è in deficit di forza lavoro e imprenditori qualificati che possono contribuire alla crescita e allo sviluppo, soprattutto con la crisi pandemica in corso.

 Definire le priorità in un momento di crisi è sempre difficile. Tuttavia è sempre possibile imparare dagli errori commessi nel passato. E ne sono stati fatti molti. Uno su tutti – dopo il 2008: dimenticarsi dei giovani contribuendo così all’aumento del divario generazionale. Ossia il ritardo accumulato dalle nuove generazioni, rispetto alle precedenti, nel raggiungimento della propria indipendenza economica.

Aver lasciato indietro le nuove generazioni per oltre un decennio ha rallentato la ripresa economica e accelerato l’esodo di forza lavoro ad alto tasso di educazione. Anche il mercato del lavoro ha subito le conseguenze dei numerosi espatri. Da un lato risulta più difficile reperire personale ad alta qualificazione con un livello educativo adeguato alle evoluzioni tecnologiche del mercato.  I cosiddetti NEET (persone tra i 15 e i 34 anni che non hanno né cercano un impiego e non frequentano una scuola né un corso di formazione o di aggiornamento professionale). Trattasi del cosiddetto potenziale sprecato laddove le generazioni che si sono affacciate all’età adulta nel nuovo millennio nel nostro Paese si sono trovate con inadeguato investimento pubblico rispetto ai coetanei delle altre economie avanzate e ad accentuare la necessità di dover contare sempre più sul tradizionale aiuto privato dei genitori. 

È come se qualcuno si fosse messo d’impegno a creare lavori inutili solo per tenerci tutti occupati. “Sara’ mica il covid ? . . .”

 

 

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