Un fattore più degli altri, però, sarà decisivo per colmare il gap infrastrutturale dei territori italiani: la responsabilità e l’autorevolezza del politico, che deve avere la capacità di investire culturalmente sulle opere, imparando a comunicare ai territori il valore strategico delle infrastrutture. Se non si riuscirà nella delicata operazione di disinnescare questa esasperata conflittualità che da quasi trenta anni caratterizza in tutti i territori italiani il rapporto tra la conservazione dell’ambiente e la realizzazione di nuovi investimenti(TAV e TAP sono solo gli esempi più eclatanti), l’Italia rischia di vanificare l’ultima grande buona occasione che viene dall’Europa, perché una parte delle risorse del Recovery Plansarà destinata proprio all’ammodernamento delle infrastrutture.
Troppe volte abbiamo assistito ad opere ritenute strategiche dal MISE che sui territori si sono scontrate con l’opposizione di comitati o movimenti sostenuti dagli amministratori locali, determinando contenziosi, ritardi e tensioni che oggi non possono più essere ammessi (si veda il 5G).
La globalizzazione post Covid-19 promuoverà le filiere industriali di prossimità solo se saranno in grado di maturare e favorire servizi efficienti. E le infrastrutture, anche nella nuova logistica integrata che avrà nel Mediterraneo come ha ricordato anche di recente il presidente Mattarella uno snodo essenziale nei traffici commerciali marittimi, sono il principale strumento di sviluppo e crescita.