Abbiamo bisogno di un nemico ! . . .

Cambiamo non solo in termini di età anagrafica, ma anche, e soprattutto, nella percezione del sé e nelle nostre dinamiche interiori. Questi cambiamenti necessitano  della accettazione di un sé in continua mutazione, anche nelle parti “oscure” che non apprezziamo, che tendiamo a rifiutare e  a proiettare all’esterno di noi, sugli estranei.

Il processo di “creazione del nemico” attraverso meccanismi di costruzione di una immagine ostile dell’altro, o di un gruppo di altri. Un processo complesso ed articolato che trae origine  innanzitutto dal pregiudizio, cioè sul giudizio dato apriori, a prescindere dal dato reale, per poi radicarsi in forma più o meno esplicita di odio.

Questo processo è sempre basato sulle differenze osservate o percepite, ad esempio l’estensione di alcuni giudizi generici sui “giovani d’oggi” a volte troppo pigri, a volte troppo scalmanati e così via in una serie di presunti eccessi. Lo stesso accade per  “gruppi marginali” come gli zingari che “fanno quello che vogliono” e “non hanno voglia di lavorare”.

Estraneità ed ostilità sono due fattori autoalimentanti e, spesso, sconfinanti nell’odio. L’immagine del nemico e dei sentimenti ostili che proviamo verso di ….ha la caratteristica di essere “contagiosa”, ovvero che tanto maggiore è la nostra percezione degli elementi che rendono l’altro un “nemico”, tanto più facilmente questi vengono assegnati a gruppi sempre più ampi di persone.

Quando proviamo un sentimento ostile,  ne cerchiamo conferme attraverso altre persone che provano sentimenti analoghi per costruire una giustificazione alla nostra ostilità. Il punto chiave di questo comportamento è che avendo assegnato l’etichetta di “cattivo” a qualcuno, colui che prova odio si pone automaticamente nella condizione di “buono”, arrogandosi diritti che non ha, come ad esempio di emarginare i “cattivi”.

La costruzione di una immagine del nemico è funzionale alla stabilizzazione dell’autostima, soprattutto quando abbiamo una percezione del nostro “noi” fragile.

E dunque di fronte a questo cratere che ingoia posizioni sociali, risparmi di una vita, progetti per il futuro ed anche affetti, tutto diventa instabile e può anche “crollare”. Chi aiutava gli altri, può trovarsi nella situazione di dover essere aiutato lui stesso.

Ecco quindi l’invito rivolto a tutti di guardare al vicino, senza aspettare provvidenze dall’alto, rimboccandosi semplicemente le maniche!

Fare squadra –  perché pensiamo che sia l’unico modo per crescere insieme, muovendosi su asset quali quello dell’esperienza, della competenza e del territorio.

da ogni crisi, nasce un’opportunità”, siamo alla ricerca di un modo nuovo che ci permetta di raggiungere gli obiettivi.

 

 

 

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