Generazioni giovani, scegliere da che parte stare :

dovete essere meglio di noi, siete voi il futuro.

Difendete la Costituzione, battetevi per un’Italia fondata sul lavoro,

    giustizia e libertà”.

La cosa più importante della nostra vita è scegliere da che parte stare.

Abbiamo tutti Bisogno di scegliere da che parte stare e costruire le condizioni per restarci.

Trentacinque anni. Le riforme avviate alla fine degli Anni Ottanta, per tentare di condurre l’Italia al passo con le trasformazioni sociali ed economiche della competitività internazionale non sono state portate a compimento.

Si tratta allora di passare dalle parole e dalle leggi hai fatti, l’intelligenza di un popolo dall’istruzione scolastica ed universitaria deve entrare come struttura portante nel generale processo d’innovazione:

– formandone la classe dirigente come i suoi quadri medi (fornendo anche personale qualificato alle imprese) con ricerca e formazione più direttamente orientate allo sviluppo dell’economia;

– mettendo in atto attività tese al miglioramento della qualità della vita (ad es. medicina, ambiente) e alla crescita culturale (ad es. ricerche di tipo scientifico, umanistico, artistiche, sociali, economiche, giuridiche ma non solo) che hanno a loro volta ricadute nel medio-lungo periodo sull’economia e sul grado di sviluppo di un paese;

– e naturalmente, lavorando al più generale miglioramento della conoscenza (ad es. in settori come l’astrofisica, le particelle elementari, etc., tutte discipline non legate direttamente a possibili sviluppi economici di medio termine).

L’obiettivo è forte e chiaro, puntuale e necessario. Necessario, soprattutto. Perché l’economia e il mondo del lavoro con essa sono in fase di rapido e profondo mutamento. In questi ultimi decenni abbiamo assistito ad una riscrittura della divisione del lavoro a livello mondiale, all’accelerazione della diffusione di nuovo sapere e all’accorciarsi delle aspettative di vita dei nuovi prodotti. Tutto questo richiede un più rapido incorporamento del sapere scientifico non solo nei prodotti ma anche nei processi produttivi. Piaccia o meno, questo è il mondo con il quale dobbiamo fare i conti. Richiede nuove competenze sociali e di cittadinanza. Nuove e più sviluppate capacità critiche costruttive.

Questo è un Paese pieno di geni individuali, le cui capacità però vengono sfruttate all’estero.

Perché i nostri quando vanno all’estero diventano bravi?

Perché s’inseriscono in un’organizzazione infrastrutturale e in sistemi più avanzati?

Quel sistema che si omette di costruire quando si pensa a tagliare i finanziamenti per Università e Ricerca e a improvvisare soluzioni sporadiche e di nicchia.

Non si capisce che l’eccellenza nasce dalla grande pratica e non nasce da sola. Non può esserci sviluppo se si ha solo eccellenza occasionale e casuale, chiusa in se stessa, che non diventa sistema e che non può usufruire del sostegno di un sistema adeguato. Tanto è vero che la pratica economica ce lo sta insegnando.

Siamo un Paese di nicchie che non riesce a decollare.

Oggi più che mai le alternative per competere si sono ridotte: da un lato una brutale competizione basata sul basso costo del lavoro o, dall’altro, una competizione sana fondata sull’innovazione. Bisogna scegliere da che parte stare e costruire le condizioni per restarci.

Occorre allora lavorare alla costruzione delle condizioni che ci allontanino dallo sfruttamento del lavoro a basso costo, che ci consentano di lavorare per una società della conoscenza.

 

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