Nella nostra vita non c’è più il calore di una famiglia, di una casa, di una compagna. E allora pensiamo al nostro migliore amico, che non vediamo e non sentiamo da decenni. “C’è qualcosa in un’amicizia che non si può ridurre alle cose visibili,” qualcosa come una scelta, avvenuta chissà quando. Per questo, i cavalieri sono fratelli in armi dall’istante del giuramento. L’amicizia è l’inizio di un tempo diverso, in cui si diventa adulti, e si prova insieme nostalgia per le cose perdute e l’angoscia eccitante di un’età nuova.
L’amicizia non c’entra nulla con concetti come il “piacere” o “l’utilità”: è invece un rapporto che si instaura tra “buoni”, ovvero tra coloro che detengono la virtù; persone alle quali vogliamo bene perché ci permettono di vedere noi stessi, e in loro vediamo realizzate le virtù che vorremmo avere. Eppure, nel mondo contemporaneo e capitalista, l’amicizia riesce a sopravvivere in forme meno ideali di quella sognata dal filosofo: diventa infatti un’ancora di salvezza per superare insieme ad altri gli esami del futuro, un ponte per raggiungere quelle “cose belle e necessarie” che secondo lo stesso Aristotele bisognerebbe passare la vita a contemplare.
Farsi degli amici però, man mano che si cresce, sembra essere sempre più difficile. Le condizioni necessarie per stabilire una buona amicizia: “prossimità, interazioni ripetute e non pianificate, e un contesto che incoraggi le persone ad abbassare la guardia e a confidare le une nelle altre.” Tre presupposti che in questa epoca, quando si superano i trenta, sono difficili da trovare. Un fattore essenziale: le persone si accoppiano, si sposano e fanno figli e riducono il proprio network personale: non c’è tempo per tutto. Si crea così un bivio: chi sceglie la propria famiglia per amico, e chi, restando single, sceglie i propri amici per famiglia. Del resto, ci manca anche che l’amicizia diventi un lavoro extra.
Bisogna intanto riconoscere l’esistenza di diversi mostri sociali che si frappongono tra noi e il tentativo di fare amicizia. Ci sono posti come sedi di partito, meet-up online o assemblee di centri sociali e associazioni, che vengono spacciati per comunità senza che nessuno s’interessi davvero del benessere dei singoli membri; o club esclusivi dove si va per fare amicizia, ma in realtà ciò che si compra è lo status quo del lusso nella sua forma più glaciale. A volte la solitudine, anche se non ha per forza l’aspetto di un individualismo eroico o sembra preferibile allo stare insieme a qualcun altro. L’alienazione creata dalla macchina lavorativa, poi, può essere tanto inconscia e prepotente nella nostra esistenza da allontanare i nostri potenziali amici.
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