La gratitudine aiuta il cuore e rallenta l’invecchiamento.
Ma allora perché è molto più coltivato il suo contrario, l’ingratitudine?
Quanto questa parola sia attuale per decifrare il malumore, la rabbia, la sfiducia, l’aggressività, che stiamo accumulando sul piano delle relazioni personali e dei comportamenti collettivi. Mai come in questo momento, per esempio, ci sentiamo distanti dalle istituzioni, non ne riconosciamo più la funzione (eppure ci hanno dato tanto e ci garantiscono ancora di più in termini di futuro), e vi scarichiamo contro tutte le nostre frustrazioni. Quali? Innanzitutto l’indignazione per chi dovrebbe guidare, governare, fare funzionare, le istituzioni nell’interesse generale della collettività e non secondo i propri personali e talvolta famelici obiettivi. È come se si fosse spenta qualsiasi luce di passione e interesse al bene comune, qualsiasi spinta vitale all’esercizio della generosità che resta un ingrediente essenziale anche nella vita pubblica e non solo nella dimensione privata.
L’ingratitudine è un male antico, genetico, e nessuno di noi se ne può dichiarare immune. Tutti, prima o poi, spesso, provochiamo il dolore, la sofferenza, e lo sconcerto di chi si aspettava di ricevere almeno un «grazie» ed invece si è sentito calpestato dalla nostra ingratitudine. Diceva Confucio, con grande saggezza: «Non fare del bene, se non hai la forza di sopportare l’ingratitudine». Dunque con il sentimento dell’irriconoscenza, che può marciare parallela al rancore e all’invidia, ognuno di noi deve fare i conti. A partire dal fatto che l’ingratitudine è una perdita di memoria, ed anche questo ci spiega bene l’attuale situazione: facciamo fatica, soffocati come siamo dal presente, a coltivare una buona memoria, a preservare le radici lunghe nel rapporto con il tempo. E diventiamo molto più esposti al rischio della spietatezza, dello smarrimento di un cuore e di un sentimento, che si coniugano all’ingratitudine.
La gratitudine migliora il ritmo cardiaco e riesce anche a normalizzarlo quando non è regolare come dovrebbe. Aumenta gli ormoni utili a rallentare il nostro invecchiamento, e in questo senso è perfino utile per tenere allenate e in forma le nostre facoltà cognitive. Rafforza il nostro sistema immunitario, e in quanto tale è una forma di preziosa prevenzione.
Dobbiamo quindi individuare quelle attitudini e quegli schemi che trasformino o creino situazioni diverse dalle attuali assumendo un atteggiamento, presente, attivo e consapevole.
Formare un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.
L’innovazione sociale insegna ! a fare la differenza non è la natura ma la scala delle sfide che si vogliono affrontare e rispetto alle quali misurare la capacità di apportare cambiamenti positivi e duraturi che fondino, o contribuiscano a fondare, un nuovo sistema.
con il buonsenso possiamo costruire le condizione per condivisione e meritocrazia.
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