facciamo squadra per intercettare fondi Ue

  ALCUNI   ESEMPI  :  Opportunità sui fondi Ue a portata di click grazie al nuovo sito Ansa

I protagonisti raccontano risultati, esperienze, prospettive :

 

FONTE : estrapolato da articolo ANSA

http://www.ansa.it/europa/notizie/la_tua_europa/opportunita/2018/07/18/nelle-marche-nasce-la-fondazione-per-intercettare-fondi-ue_ef625b6d-da95-4399-a527-3a262578832c.html

ANCONA – Presentata oggi in un incontro stampa ad Ancona la neonata Fondazione Cluster Marche, che raccoglie in un unico soggetto giuridico, operativo e gestionale 150 associati, tra imprese private e soggetti pubblici, allo scopo di favorire l’innovazione e incrementare la produttività e la crescita del territorio, intercettando anche fondi europei.

Un’opportunità particolarmente importante per le piccole e piccolissime aziende, che potranno anche usufruire di una struttura competente ed efficiente per accedere ai bandi di finanziamento europei.

La Regione Marche in base alla cosiddetta Strategia di Specializzazione Intelligente indicata dall’Ue, che prevede una serie di azioni volte a incrementare l’innovazione del sistema produttivo. Si tratta del cluster Marche Manifacturing (robotica, meccatronica ed efficienza energetica), e-Living (domotica, salute e benessere e prodotti per migliorare la qualità degli ambienti di vita), Agrifood Marche (settore agro-alimentare con particolare riguardo alla qualità e certificazione dei prodotti) e In Marche (calzature e legno-arredo Made in Italy). Ai loro soci si deve già l’organizzazione di 110 eventi e 12 progetti europei, ma la posta in gioco – ha comunicato la dirigente regionale Patrizia Sopranzi – è molto più alta.

Si stima infatti che le risorse pubbliche che verranno destinate alle priorità individuate ammontino a 510 milioni di euro, provenienti da fondi Por Fesr, Fse e Fears, ma anche da risorse nazionali (Fondo crescita sostenibile), o da programmi a gestione diretta della Commissione Europea (Horizon 2020, Cosme). “Un esempio lampante – ha concluso Bora – di come sia falsa e priva di onestà intellettuale la critica di coloro che sostengono cha la Regione Marche non abbia una politica industriale”.

L’obiettivo è promuovere una maggiore conoscenza per intercettare i fondi della Comunità Europea attraverso proposte formative legate al tema ed orientate alla progettazione 

Fare parte di in un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.

Da soli non ci si salva !!  

 

 con il buonsenso possiamo costruire le condizione per condivisione e meritocrazia.

                 accelerare l’innovazione e sviluppare Il buon senso

Cerchiamo volonterosi per costruire un pezzo di mondo migliore, una piccola Comunità impegnata ad inventare nuovi modi di pensare, abitare e vivere, aprirsi al lavoro produttivo.

Abbiamo dei progetti ! da realizzare ! 

Creare una squadra di persone orgogliosi, creativi ed intraprendenti che prima di tutto vogliono scoprire il mondo e fornire le migliori risposte ai problemi che incontrano.

CURIOSI - CREATIVI - INTRAPRENDENTIATTIVI NEL REALIZZARE

Dalle visioni alle strategie, dalle strategie ai progetti - alle realizzazioni.

Organizzazione :

tel. mob. 347-4629179  e-mail : comitato@trazzeramarina.it

 


 

attivismo cooperativo per modelli di sviluppo locale

Per il suo carattere innovativo e per il suo processo partecipativo, l’impresa di attivismo cooperativo, come dimostra la sua rapida diffusione e l’attenzione registrata, rappresenta un potenziale strumento in grado di catalizzare attivismo civico e autoimprenditorialità, in relazione partecipativa e collaborativa con le amministrazioni locali sui temi dei beni comuni.

Le imprese a governance aperta e partecipata impegnate nella produzione o gestione di beni e servizi (anche di proprietà pubblica o collettiva) che perseguono l’obiettivo del miglioramento del benessere della comunità di riferimento, riflettono infatti un modello che privilegia l’emersione e la valorizzazione di opportunità in territori esclusi, oppure coinvolti solo marginalmente, dall’incremento rilevante dei flussi turistici.

Oltre alla valorizzazione integrata del territorio attraverso la tutela delle biodiversità e delle coltivazioni tradizionali e la fruizione sostenibile del bene ambientale, la gestione condivisa quale strumento di progressiva affermazione come risposta in forma aggregata ai nuovi e antichi bisogni espressi (o ancora inespressi) dal territorio nell’utilizzo comune delle risorse, la cura condivisa del territorio verso l’attivazione di esercizi pubblici e servizi essenziali alla fruizione turistica.

L’obiettivo è promuovere una maggiore conoscenza dell’amministrazione condivisa attraverso proposte formative legate al tema dei beni comuni, orientate al confronto e all’identificazione di spazi su cui costruire percorsi rigenerativi idonei a renderli luoghi di partecipazione, di cittadinanza, di nuove relazioni.

Fare parte di in un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.

Da soli non ci si salva !!  

 

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Abbiamo dei progetti ! da realizzare ! 

Creare una squadra di persone curiose, creative ed intraprendenti che prima di tutto vogliono scoprire il mondo e fornire le migliori risposte ai problemi che incontrano.

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La Dignità si acquisisce Lavorando

Il dibattito democratico è il fondamento di ogni Liberaldemocrazia, soprattutto su questioni di fondamentale importanza come il lavoro. Ma richiede tempo e competenze. Non può essere risolto facendo solo chiacchiere e tavole istituzionali, che sembrano più un’opportunità politica che un luogo di confronto. Questa fase storica è una delle più straordinarie trasformazioni sociali degli ultimi secoli. L’era del Digitale si evolve ad una velocità troppo elevata per le nostre capacità cognitive.

Le discussioni partigiane – oltre le consuete prassi negoziali – non aiutano a comprendere la complessità del problema e quindi a trovare le soluzioni adeguate.

Le trasformazioni del mercato del lavoro sono una grande opportunità, soprattutto per i giovani. La problematica principale del processo di cambiamento: molti rischiamo di restare esclusi dai vantaggi che dovremmo invece ricavarne. La flessibilità cui non seguono adeguati salari che, ad oggi, rimangono stagnanti come la produttività.

I giovani possono godere di un mercato flessibile che può significare svolgere più lavori contemporaneamente. Si devono però garantire adeguate risorse affinché il giovane possa beneficiarne in concreto e proteggere la propria prosperità. Il concetto diventa ancora più importante quando il lavoro si trasforma sotto la spinta tecnologica e, di conseguenza, diventa necessario un periodo di formazione e/o compensazione fuori dal mercato attuale.

Il processo qui sintetizzato deve essere favorito per creare occupazione ma anche per favorire la produttività, i consumi e in generale la crescita economica e sociale.

Serve una riflessione che aiuti a comprendere ciò che sta avvenendo e che avverrà. Soprattutto, servono politiche attive che vengano garantite da attori affidabili e competenti sul mercato. Siano essi di natura pubblica o di natura privata. Solo così potremo elaborare delle soluzioni di lungo termine che possano favorire quell’ecosistema competitivo di cui abbiamo bisogno.

IL NOSTRO INVITO:  Vogliamo esortare i nostri rappresentanti al Governo a confrontarsi maggiormente con tutte le parti per giungere ad analisi e soluzioni condivise. Ne abbiamo davvero bisogno.

Fare parte di in un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.

Da soli non ci si salva !!  

 

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Il ruolo della riflessione

Mettiamoci in condizione di auto valutare la propria formazione professionale e tradurla in competenze acquisite e da potenziare, per progettare, con l’indispensabile collaborazione, un percorso formativo personalizzato. Questo nel portfolio degli strumenti che sono il frutto degli studi compiuti entro l’ambito delle scienze educative, in particolare quello relativo alla formazione dei cittadini. Gli indicatori di competenze che compongono il Bilancio iniziale sono il frutto di questi studi, e consistono in sostanza nella decostruzione ed operazionalizzazione delle conoscenze e attitudini che fanno “il formatore ideale” a cui si chiede di prendersi cura di tre dimensioni: l’insegnamento, la dimensione istituzionale-organizzativa e quella della propria formazione/crescita professionale. Una rappresentazione certo parziale ma articolata, utile a programmare attività formative e valutative coerenti con il ruolo che viene chiesto, fare esperienza di pratiche di documentazione e riflessione sulla propria attività professionale.

Questo conteniotore deve favorire nei formatori processi di ripensamento dell’esperienza in un dialogo continuo con se stessi e con gli altri.

Sui concetti di pensiero riflessivo e pratica riflessiva sono state condotte molte analisi in funzione della centralità che è stata ad essi attribuita nell’ambito degli studi educativi e in particolare di quelli sulla formazione dei formatori.

In genere il primo riferimento è, per tutti gli studiosi che si sono occupati della questione, John Dewey, in particolare l’opera “Come pensiamo”, pubblicata per la prima volta nel 1910, dove Dewey descrive i modi diversi del pensare, e tra questi si sofferma sulle implicazioni educative e sull’analisi di una specifica tipologia di pensiero, quello riflessivo, e ne fornisce una descrizione articolata.

La riflessione non implica soltanto una mera sequenza, bensì una ‘conseguenza’ di idee, un ordine consecutivo che ognuna di esse determina la successiva come il suo proprio risultato e, a sua volta, ciascun risultato si appoggia o si riferisce a quelli che lo precedono. Le parti successive di un pensiero riflessivo nascono l’una dall’altra e si sostengono a vicenda; non vanno e vengono in una confusa mescolanza. Ogni fase è un gradino da qualcosa a qualcosa – tecnicamente parlando, è un termine del pensiero. […] In qualsiasi pensiero riflessivo vi sono unità ben definite collegate in modo da rendere possibile un movimento rivolto ad un fine comune.

Fare parte di in un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.

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Prendersi cura dei beni comuni ci conviene

Vi sono almeno due effetti di tipo economico che, a livello personale e di comunità, si creano grazie a chi si prende cura dei beni comuni:

1) A livello personale: maggiore capacità d’acquisto

Chi si prende cura di un bene comune lo fa innanzitutto per aumentare la qualità della propria vita: si sta meglio in un luogo più curato, dove ci si dà una mano l’un l’altro, in cui ci si conosce e si sviluppano relazioni sociali e attività a cui diamo valore. Nell’ultimo decennio gli interventi dei cittadini si sono spostati sempre più da un generico interesse per la cura di beni comuni “naturali” (quali l’acqua, aria, ambienti e loro fauna e flora), verso beni in degrado o abbandono, sia in contesti urbani che rurali. Si tratta dei cosiddetti “anticommons”, ossia beni di proprietà di chi, detenendo i diritti di veto su quei beni, li può anche non utilizzare e abbandonare al degrado (F.I. Michelman, Ethics, economics and the law of property, «Nomos series», 1982, 24, 1). Ciò può creare un utilizzo “non ottimale”, con conseguente scarsa/nulla “funzione sociale” dei beni da parte di quei proprietari (anche in contraddizione con quanto è riconosciuto dall’art 42 della nostra Costituzione) che talora condannano i loro stessi beni ad una tragedia: la “tragedia” degli anticommons sta proprio nel fatto che scarsi incentivi o rendimenti o investimenti portano progressivamente all’abbandono e degrado di numerosi beni (si pensi ai 5 milioni di immobili abbandonati in Italia, secondo una stima di Legambiente).

Così, soprattutto con l’inizio della crisi economica dello scorso decennio, molti cittadini attivi si sono presi cura di alcuni “anticommons” per lo più di proprietà degli enti locali, con l’effetto tra l’altro di aumentare la qualità della propria vita, a parità di reddito. Perché curando i beni che, nei loro territori, sono abbandonati o sottoutilizzati, favoriscono negli stessi luoghi lo svolgimento di attività di tipo sociale, ludiche, ricreative, culturali e di solidarietà di vicinato. L’effetto è che a parità dei loro redditi (se non addirittura in diminuzione) essi aumentano, di fatto, per tale via, la capacità di acquisto delle loro entrate. Se infatti ho, per esempio, una ludoteca per i bambini della strada in cui vivo, una biblioteca aperta sino alle ore 24 per gli studenti, uno spazio verde in cui trovarmi con amici e parenti, un corso di yoga o di lingue nelle ore serali della scuola di mio figlio: tutto questo equivale ad una capacità di spesa maggiore a parità di reddito, in quanto non è necessario spendere per quelle attività e spazi che i cittadini stessi organizzano, perché i cittadini ne sono direttamente produttori e consumatori. Essere cittadini attivi, in questo senso, può essere conveniente! Quindi avere beni comuni curati dai cittadini, significa anche aumentare il benessere a parità di entrate. E questa è certamente una prima “ricchezza” che questi cittadini creano: una “ricchezza” per loro stessi e per chi vive ed utilizza quei beni comuni, attraverso ciò che era “sottoutilizzato” o abbandonato, rendendolo fruibile a tutti e quindi “valorizzandolo”.

2) Le esternalità positive dei beni comuni: l’indotto e il valore dell’area in cui si vive.

Ma così facendo, i cittadini che operano insieme sui territori creano una ricchezza che non è più quindi solo quella personale. Bensì collettiva, della comunità. Ed è proprio in ciò che sta un altro tipo di ricchezza che si crea sui territori. Il bene comune rigenerato, rivitalizzato, acquista indubbiamente un valore maggiore perché tolto dal degrado e dall’abbandono. Ma non solo. Un’area in cui si cura l’ambiente acquista anche un valore maggiore per tutti. Si creano quelle che gli economisti chiamano “esternalità positive” dei beni comuni. Per capirci: un immobile “vale” di più in un’area che non è degradata, in cui prima si spacciava o che era pericolosa; se invece in quei luoghi i cittadini ci vivono e si ritrovano (anziché andare altrove), organizzano eventi, rigenerano spazi, allora anche le case in quell’area “valgono” di più, così come le attività commerciali che già vi sono o nuove attività che possono avviarsi in quei quartieri/aree (per esempio bar o sale cinema, teatro, biblioteche, mostre, laboratori artigianali, riparazione di bici e così via).
Le esternalità positive dei beni comuni sono “immateriali” come la fiducia reciproca, il senso di “sicurezza” dei luoghi in cui si vive, l’inclusività: ma questi aspetti creano un valore maggiore anche dei beni “materiali” (spazi urbani, abitazioni, attività commerciali) perché attraverso la cura dei beni comuni, tendono ad acquisire maggiore “valore” quei luoghi, non solo per chi ci vive (valore d’uso) ma anche per gli altri (valore di scambio). Quei luoghi, in sintesi, “valgono” di più perché sono “grumi” di relazioni sociali positive. E’ ciò che crea capitale sociale e benessere delle comunità. E questi aspetti non sono quasi mai resi “visibili” e sono difficilmente “quantificati”. Ma è proprio l’insieme di queste esternalità positive che costituisce il “seme” di un nuovo tipo di sviluppo locale di quei territori: sviluppo sociale ed economico tra loro strettamente connessi. Anzi: uno sviluppo sociale connesso ai beni comuni che, con le sue “esternalità positive”, crea anche un nuovo tipo di sviluppo economico locale. Non viceversa!

Fonte: labsus

Fare parte di in un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.

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Discutendo scrivendo e criticando non si risolvono problemi ! . . .

diamoci nà mossa  ! . . .  ci vuole azione dinamica ! . . .

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partiamo da un punto di vista ! . . . aiutiamoci nel cambiamento ! . . .

Riuscire a cambiare la nostra vita ! . . . l’importante da fare è, cambiare i propri pensieri, pregiudizi, prevaricazioni etc. Facile a dirsi, un po’ meno a farsi ! . . .

Il cambiamento, deve avvenire a livello di coscienza; quando la nostra consapevolezza inizia a cambiare, inizieranno a cambiare anche i nostri pensieri. Nella misura in cui cambieranno i nostri pensieri, cambieranno di pari passo le nostre azioni. 

Iniziare a vedere le cose da una prospettiva differente analizzando il passato per estrapolare i dati che finora hanno condizionato il nostro modo di vedere e di vivere il sociale. Iniziamo a capire che sono gli occhi che guardano, nel senso che la realtà può assumere significati e aspetti differenti, in base ai propri occhi, alla propria consapevolezza.

 “Cambiare” non significa che c’è qualcosa che non va bene, non vuol dire cancellare o rimuovere, ma piuttosto trasformare, ampliare, elevare, innovare, coinvolgere, partecipazione attiva, socializzare.

Per cui il primo passo da fare è ampliare il nostro punto di vista, aumentare le nostre conoscenze, espandere la nostra consapevolezza in funzione della nostra realtà territoriale ed europea.

Cambiare atteggiamento

Cambiando modo di vedere le cose, avviene un cambiamento anche nel modo di porsi verso se stessi e gli altri. Iniziamo a prendere la consapevolezza che la responsabilità della realtà che viviamo è la nostra, è allo stesso modo abbiamo il potere di cambiarla.

Non possiamo cambiare se continuiamo ad avere lo stesso atteggiamento che abbiamo avuto finora.

Dobbiamo quindi individuare quelle attitudini e quegli schemi che trasformino o creino situazioni diverse dalle attuali assumendo un atteggiamento, presente, attivo e consapevole.

E’ dai ! . . . fai questo passetto per l’inizio del cambiamento !! . . .

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siamo nell’era della competizione. . . organiziamoci ! . . .

Fonte : competere.eu  L’Idea di Stefano Cianciotta
Alla ripresa economica italiana, infatti, manca il contributo fondamentale del settore delle infrastrutture. Senza il crollo degli investimenti (60 miliardi di euro) l’economia italiana avrebbe recuperato nei dieci anni di crisi in media quasi un punto di Pil all’anno, come ha evidenziato anche lo stesso Toninelli, consapevole del ruolo fondamentale che il settore svolge per lo sviluppo del Paese.  

 
PERCHÈ È IMPORTANTE? Nel prossimo decennio gli investimenti in infrastrutture conosceranno nel mondo un dinamismo senza precedenti, sostenuto soprattutto dalla Cina. Sarà dunque fondamentale anche in Europa e in Italia ricominciare a investire, perché la competitività del mondo globale passerà sempre di più dalla capacità sviluppare le infrastrutture fisiche/digitali, velocizzando anche i processi amministrativi delle agevolazioni fiscali, dello snellimento dell’iter autorizzativo e della individuazione di partner economici qualificati.

Gli enti locali al centro degli investimenti – Nel 2018 il Pil della Polonia arriverà alla cifra record del 5,8% e tra gli elementi che stanno favorendo questa crescita considerevole vi è proprio la capacità di riorganizzare la Pubblica Amministrazione per aumentare la capacità di attrarre investimenti anche nel settore delle infrastrutture, grazie a 14 Zone Economiche Speciali a fiscalità agevolata. La maggiore disponibilità di risorse in capo agli enti locali pone un ulteriore tema, che è quello delle competenze e della capacità di programmazione, argomenti complicati da affrontare soprattutto nei Comuni di dimensioni più modeste (in Italia 5000 Comuni amministrano poche migliaia di cittadini) o nelle stesse Province, bloccate da una riforma imperfetta.

Pianificare per non sprecare – Dal 2016 paradossalmente il problema non è stato più quello di individuare le risorse quanto la reiterata incapacità delle amministrazioni locali di programmare, pianificare ed eseguire gli interventi, vanificando nei fatti importanti misure di rilancio per le infrastrutture previste dal Governo Gentiloni già nella programmazione di Bilancio del 2017 (+23% di risorse). I Comuni, inoltre, hanno ridotto nel 2017 la spesa per investimenti in opere pubbliche di circa 800 milioni. Un risultato fortemente negativo dopo un 2016 chiuso con una diminuzione di spesa di 1,7 miliardi, nonostante la possibilità concessa dall’allora Governo Renzi ai Comuni virtuosi di andare in deroga al Patto di stabilità.

Attenzione al digitale – Il tema delle grandi infrastrutture aveva diviso nella elaborazione del Contratto di Governo Lega e M5S; la prima interessata a sostenere gli investimenti europei all’interno delle nuove direttrici di sviluppo, mentre il Movimento con un atteggiamento più ostruzionistico. Nella attuazione del Contratto di Governo va recuperato e ampliato il dibattito sulle infrastrutture, perché in Italia c’è bisogno di stimolare un percorso strutturato che avvii la costruzione di un ecosistema dinamico per rilanciare gli investimenti nel settore, che devono contemplare anche le opportunità legate alla Digital trasformation, argomento sul quale da sempre Di Maio – ora allo Sviluppo Economico – si è dimostrato sensibile e attento.

Per rendere concrete queste affermazioni occorre pertanto che i Ministeri delle Infrastrutture e dello Sviluppo Economico dialoghino anche per accelerare il processo di infrastrutturazione digitale del Paese. La Grosse Koalition di Angela Merkel ha appena istituito un Ministero per gli Affari Digitali, che dovrà gestire e coordinare le risorse previste nel Piano nazionale della digitalizzazione, con cui il Governo tedesco prevede di attrarre investimenti pubblici e privati per 100 miliardi. L’obiettivo è quello di trasformare la Germania in una Gigabit society entro il 2025. Siamo pronti anche in Italia a raccogliere la sfida?

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Italiani ! . . . siamo un popolo di sapientini ! . . .

Definizione del termine : Persona a cui piace mettere in mostra la propria cultura o ostentare un sapere che in realtà non possiede- oppure possiede ma non mette a frutto.

Così potrebbe apparire questo blog ! . . .  sicuramente da parte di qualche sap . . .  questo sarà ! . . . continuerà a dire divulgare per motivi di orgoglio personale etc. Continuiamo a ribadire che non è questo il fine !  Mero obbiettivo di questo blog è la sensibilizzazione alla partecipazione nel fare gruppo squadra per affrontare le problematiche che ci assillano sempre di più.

Ecco quello che stiamo trasmettendo alle future generazione a livello mediatico e dibattiti vari nella vita di tutti i giorni. Mi preme ricordare che ! . . .

I bambini sono predisposti per natura a imparare il mondo intorno a loro, proprio come sono predisposti a camminare, a parlare, a interagire con gli altri. Per questo sono esploratori nati e osservatori infaticabili. Vogliono capire come funziona il mondo che li circonda: vogliono toccare tutto, sentire tutto, guardare tutto, mettere in bocca qualsiasi cosa, mettere il naso ovunque. Via via che crescono, poi, fanno domande su ciò che osservano e che attrae la loro attenzione: si costruiscono teorie, si danno risposte, provando e riprovando, per stabilire cause ed effetti del loro interagire con gli oggetti e con le persone, attraverso le relazioni con gli adulti e con i pari. 

La raccolta di dati tramite la percezione e la loro elaborazione permettono al bambino, fin dalla nascita, di creare un ponte tra il mondo dei sensi e il mondo delle astrazioni, dalle cose alle rappresentazioni delle cose, dalle azioni alla simbolizzazione: astrarre, rappresentare, simbolizzare sono capacità importantissime, sulle quali poggiano tutti i processi di apprendimento, in particolar modo richieste a scuola quando il bambino sarà introdotto ai sistemi astratti, rappresentativi e simbolici come quelli., ad esempio, della lettura e della scrittura.

Per questi motivi è di fondamentale importanza incoraggiare la sua naturale curiosità del bambino, valorizzare e sostenere le sue capacità investigative, permettendo le azioni di sperimentazione diretta e talvolta anche proponendo spazi e tempi dedicati alla concentrazione su esperienze sensoriali. 

È più facile che si compia una scelta ottimale, che si agisca con equilibrio, se si parte da una posizione di neutralità piuttosto che da una posizione già molto marcata, sia in senso negativo che positivo.

E’ dai ! . . . fai questo passetto per l’inizio del cambiamento !! . . .

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educhiamoci alla cittadinaza attiva . . .

LA SCUOLA COME COMUNITA’ EDUCATIVA

Il Passaggio da una società relativamente stabile a una società caratterizzata da molteplici cambiamenti e discontinuità. Questo nuovo scenario è ambivalente per ogni persona, per ogni comunità, per ogni società, per ogni famiglia: si moltiplicano i rischi e le opportunità.

Gli ambienti in cui la scuola è immersa sono più ricchi di stimoli culturali, ma anche più contraddittori. L’apprendimento scolastico è il centro più importante delle tante esperienze di formazione.

Risultati immagini per vignette sulla collaborazione attiva

La scuola ha il compito di conferire sensi e strumenti alla varietà delle esperienze degli alunni, al fine di ridurre la frammentazione e il carattere episodico che rischiano di caratterizzare la vita dei bambini e degli adolescenti.

L’orizzonte territoriale della scuola si allarga.

Ogni specifico territorio possiede legami con le varie aree del mondo e con ciò stesso costituisce un microcosmo che su scala locale riproduce opportunità, interazioni, tensioni, convivenze globali.

Alla scuola spetta il compito di fornire supporti adeguati affinché ogni persona sviluppi un’identità consapevole e aperta.

Alle famiglie alle istituzioni il compito collaborativo per portarle avanti  l’aiuto per svilupparle in sinergia collaborativa e fattiva.

In quanto istituzione educante, la scuola genera una diffusa convivialità relazionale, intessuta di linguaggi affettivi ed emotivi, ed è anche in grado di promuovere la condivisione di quei valori che fanno sentire i membri della società come parte di una comunità vera e viva. La scuola affianca al compito dell’insegnare ad apprendere quello dell’insegnare ad essere. La scuola va intesa quindi come una

COMUNITA’ INCLUSIVA

La presenza di bambini e adolescenti con radici culturali diverse è un fenomeno ormai strutturale e non può più essere considerato episodico: deve trasformarsi in un’opportunità per tutti.

Immagine correlata

Non basta riconoscere e conservare le identità preesistenti, nella loro pura e semplice autonomia. Bisogna, invece, sostenere attivamente la loro interazione e la loro integrazione attraverso la conoscenza della nostra e delle altre culture, in un confronto che non eluda le questioni quali le convinzioni religiose, i ruoli familiari, le differenze di genere.

Immagine correlata

Questo comporta saper accettare la sfida che la diversità pone: innanzitutto nella classe, dove le diverse situazioni individuali vanno riconosciute e valorizzate, evitando che la differenza si trasformi in disuguaglianza.

Fare parte di in un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.

Da soli non ci si salva !!  

 

 con il buonsenso possiamo costruire le condizione per condivisione e meritocrazia.

                 accelerare l’innovazione e sviluppare Il buon senso

Cerchiamo volonterosi per costruire un pezzo di mondo migliore, una piccola Comunità impegnata ad inventare nuovi modi di pensare, abitare e vivere, aprirsi al lavoro produttivo.

Abbiamo dei progetti ! da realizzare ! 

Creare una squadra di persone curiose, creative ed intraprendenti che prima di tutto vogliono scoprire il mondo e fornire le migliori risposte ai problemi che incontriamo.

CURIOSI - CREATIVI - INTRAPRENDENTIATTIVI NEL REALIZZARE

Dalle visioni alle strategie, dalle strategie ai progetti - alle realizzazioni.

Discutendo scrivendo e criticando non si risolvono problemi ! . . .

diamoci nà mossa  ! . . .

Organizzazione :

– tel. mob. 347-4629179  e-mail : comitato@trazzeramarina.it

 

 

 

 

 

siamo un nazione del banale e superfluo ! . . .

Pagare il quid, ottenere un posto per raccomandazione, appropriarsi di un bene comprato con il denaro pubblico sono considerate azioni normali. Normali comportamenti ed azioni, è normale cercare i “santi in paradiso”, è normale fare i furbetti del quartierino. Anzi, chi non si comporta così è uno sciocco.

Bersani, Boschi, Fiano e Meloni ascoltano Conte alla Camera. Foto di Pizzi

È normale… lo fanno tutti ! . . .  parlare della banalità del compromesso che, invece di essere un fatto straordinario, è diventato parte di un’ordinaria follia collettiva tipicamente italiana. L’approccio è sicuramente originale un ragazzo che promette alla fidanzata di farle avere il computer dall’impresa che lavora per il suo Comune (tanto “è normale, lo fanno tutti”); una madre che consola il figlio perché non è spregiudicato come il padre (“imparerai!)”; i corruttori che chiamano le tangenti con i nomi dei cibi (“ciliegie smozzicate, “fettuccine”, “salmone”, “olive”).

È un sognatore pieno di velleità chi pensa, di cambiare modi di pensare di vivere e di proporsi per rimodulare gli aspetti sociali, di aggiudicarsi un appalto solo perché ha fatto la proposta migliore, chi studia o lavora per acquisire competenze, chi crede nella giustizia vera, chi crede nella meritocrazia, chi crede nel benessere diffuso, chi crede nella collaborazione attivachi acquista un tablet invece diprendere in prestitoquello del posto di lavoro !…. ecco si via dicendo ! . . .

Risultati immagini per vignette sulla banalità

E’ più facile farsi un’opinione che cambiarla. Per cambiarla occorre indebolire le resistenza che la mente oppone per difendere la sua stabilità. Cambiare opinione significa rompere un equilibrio, cadere nel caos e dover faticosamente ricreare un nuovo equilibrio. Una volta creata un’opinione, la mente si affezione ad essa e cerca in tutti i modi di preservarla.  (abbattiamo questa barriera !. . .)

Non basta quindi incrementare la quantità di informazioni su un dato argomento per cambiare opinione su quell’argomento, perché la mente non è permeabile a tutte le informazioni, non è predisposta a riceverle tutte indistintamente. Seleziona solo quelle che confermano l’opinione che già si possedeva su un argomento e non si fa condizionare da quelle contrarie. E’ più facile quindi cambiare opinione in senso congruente che incongruente: quando si ha un’opinione positiva su un argomento, aumentando le informazioni su quell’argomento, l’opinione tende a rafforzarsi e a diventare più positiva, oppure, se negativa, tende a diventare più negativa.

Spesso ci si irrigidisce su una posizione, ci si fissa su una scelta che si vuole effettuare, ma che spesso non è realistica, non è libera perché frutto di condizionamento o mode transitorie, e sarebbe opportuno cambiarla, ma la mente tenderà a preservarla, quindi anche se ci si espone a informazioni che ne discutono l’attendibilità, che evidenziano come sia inopportuna, la mente si irrigidisce ulteriormente, si oppone cercando argomentazioni a proprio sostegno.

È più facile che si compia una scelta ottimale, che si agisca con equilibrio, se si parte da una posizione di neutralità piuttosto che da una posizione già molto marcata, sia in senso negativo che positivo.

E’ dai ! . . . fallo questo passetto per l’inizio del cambiamento !! . . .

Fare parte di in un team e riuscire a lavorare in armonia con persone nuove migliora il clima di lavoro e di conseguenza aumenta i vantaggi anche in termini di produttività.

Da soli non ci si salva !!  

  con il buonsenso possiamo costruire le condizione per condivisione e meritocrazia.

                 accelerare l’innovazione e sviluppare Il buon senso

Cerchiamo volonterosi per costruire un pezzo di mondo migliore, una piccola Comunità impegnata ad inventare nuovi modi di pensare, abitare e vivere, aprirsi al lavoro produttivo.

Abbiamo dei progetti ! da realizzare ! 

Creare una squadra di persone curiose, creative ed intraprendenti che prima di tutto vogliono scoprire il mondo e fornire le migliori risposte ai problemi che incontrano.

CURIOSI - CREATIVI - INTRAPRENDENTIATTIVI NEL REALIZZARE

Dalle visioni alle strategie, dalle strategie ai progetti - alle realizzazioni.

Discutendo scrivendo e criticando non si risolvono problemi ! . . .

diamoci nà mossa  ! . . .

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